(Stendal, Magdeburgo, 1717 - Trieste 1768) archeologo e storico dell’arte tedesco. Di famiglia modesta, condusse studi irregolari. Nel 1754 soggiornò a Dresda presso il nunzio apostolico Alberico Archinto, che gli affidò la sua biblioteca, e da lì, nel 1755, dopo essersi convertito al cattolicesimo, si trasferì a Roma dove entrò come bibliotecario al servizio del cardinale Alessandro Albani. Nel 1762, durante il primo dei suoi viaggi a Napoli, visitò Pompei ed Ercolano, spingendosi fino a Paestum (di cui svelò per primo l’importanza), e nel 1764 divenne sovrintendente ai monumenti antichi di Roma. Morì assassinato (forse per rapina) in una locanda di Trieste, di ritorno da un suo viaggio in Germania. Considerato il fondatore dell’archeologia scientifica, esercitò una fortissima influenza sulle posizioni non solo artistiche, ma anche letterarie e filosofiche del suo tempo. I suoi scritti Considerazioni sull’imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura (Gedanken über die Nachahmung der griechischen Werke in der Malerei und Bildhauerkunst, 1755) e Storia dell’arte nell’antichità (Geschichte der Kunst des Altertums, 1764) posero in primo piano, anziché l’arte romana, quella greca (sia pure conosciuta attraverso copie romane), nella quale W. vide realizzato l’ideale della bellezza come specchio di un’umanità autonoma, caratterizzata da un’armonica fusione fra corpo e spirito e da un nobile dominio sulle passioni. Le idee di W. si inseriscono nell’idealizzazione della grecità propria di tutto il Settecento tedesco, fino al classicismo di Weimar e al primo romanticismo, e possono essere considerate tra le fonti principali della poetica neoclassica e della visione della grecità come serenità olimpica e superiore armonia (visione che sarà poi aspramente criticata dal tardo romanticismo e in particolare da Nietzsche). Ma se questa immagine dell’arte greca ebbe grandissima risonanza, il vero contributo di W. alla storia dell’estetica sta piuttosto nella sua concezione dell’arte, di cui mise in risalto l’aspetto creativo e non puramente mimetico, l’autonomia e la specificità, contribuendo alla creazione di una storia dell’arte oggettiva, incentrata sulle opere e sull’evoluzione degli stili.